Il cammino che unisce memoria e identità è un atto complesso e tortuoso.
L’identità collettiva, ovvero il chi siamo, è strettamente collegata al chi siamo stati ed allaconsapevolezza della propria esistenza continuativa nel tempo.
Per ogni individuo gli oggetti hanno significati particolari, legati alla propria memoria, ai propriricordi, al vissuto personale e nel momento in cui si condividono con qualcun’altro, si realizza unaconsapevolezza che unisce gli individui in una comune emozione.
Ecco dunque che le memorie comuni definiscono un’articolata trama di appartenenze, con cui costruiamo le nostre identità individuali e collettive: tanto più il tessuto di ricordi e pensieri ha fili in comune con altre persone, tanto più l’identità viene rafforzata e si solidifica.
È su questo sentire che fondo la mia poetica, alla ricerca di tracce e memorie di un tempo trascorso, attraverso il recupero ed il riuso di vecchi attrezzi e strumenti di lavoro appartenuti ad un passato prossimo laborioso e collettivo.
La forza evocativa che si crea tra l’accostamento reciproco di questi oggetti, oramai inutili e privi di funzione, è ancora motrice di senso e di equilibrio: relazionati tra di loro in un assemblaggio apparentemente casuale, sono in grado di comunicare una sospensione emotiva in continua costruzione ed in costante dialogo con chi li osserva.
Alla forte matericità del ferro, spesso si contrappone la trasparente leggerezza del vetro sotto forma di lastre o cristalli che, generando un apparente stridore, raccorda il senso di fragilità e forza, vuoto e pieno, squilibrio ed armonia. Una fonte luminosa è spesso inserita nella maglia compositiva dell’opera con l’intento di sottolinearne il punto focale ed intensificare i contrasti.
Gli assemblaggi restano sempre in dialogo continuo con chi li osserva, sospesi nell’equilibrio indefinito d’una composizione, colta nell’attimo precario del suo farsi o disfarsi.